Pensieri e vaneggiamenti di una persona qualunque,al di sopra di ogni sospetto.
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martedì 31 marzo 2009
LE FAVOLE DI ESOPO E DI FEDRO
Cari amici delle cause buone e della libertà, vedo che alcuni di voi cominciano ad uscire dai binari, lasciandosi confondere dai lupi mannari.
Alcuni bisticciano in famiglia, altri attizzano gli istinti primordiali, mostrando i muscoli e i loro potenziali. Scherzar li nobili al potere, coi loro simili animali vi porta più lontano che usare i tribunali.
Già prima dei romani, usavano la favola vivendo più contenti, così se la ridevano in baffo ai prepotenti.
L’inventore della favola è considerato Esopo, uno scrittore greco vissuto nel VI secolo a.C., da cui prese ispirazione il poeta latino Fedro, vissuto nel I secolo d.C. Le sue favole si presentano con uno stile breve ed essenziale, alla fine hanno una breve morale. Esopo ha un suo carattere particolare: mediante le sue divertenti storie mette in luce pregi e difetti degli uomini con intenzione educativa e bonariamente satirica. I personaggi delle favole antiche sono animali, che rappresentano alcuni comportamenti degli uomini, i loro vizi e le loro virtù; gli animali delle favole pensano e si comportano come esseri umani e come questi hanno caratteristiche positive e negative. Il ricorso al mondo animale è dettato anche dall’esigenza di comunicare messaggi che in maniera esplicita non potevano essere diffusi in periodi storici caratterizzati da regimi totalitari, come nella Roma imperiale. E allora gustatevi queste due favole dell'antichità ma più che mani attuali.
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Una favola di Fedro: LA CORNACCHIA E LA PECORA.
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“L’odiosa cornacchia si posò sulla schiena di una pecora e con il becco la tormentò e la picchiò a lungo. –Se tu andassi a fare questi sgarbi al cane - sospirò la pecora – li pagheresti cari!
Ben per questo non vado da lui, ma vengo da te – rispose pronta la cornacchia.
– I dispetti li faccio ai deboli, con i potenti sono ossequiosa: campo cent’anni!”
La cornacchia di questa favola raffigura, da un lato la prepotenza esercitata nei confronti dei più deboli e dall’altro il servilismo di fronte ai potenti.
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Una favola di Esopo: LE VESPE, LE PERNICI E IL CONTADINO
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Vespe e pernici, afflitte dalla sete, andarono da un contadino a chiedergli da bere, promettendo che, in cambio dell’acqua, gli avrebbero resi questi servizi:
le pernici, di zappargli la vigna,
e le vespe, di tener lontani i ladri con i loro pungiglioni, facendovi la guardia tutt’attorno.
Il contadino rispose: “Ma io ho due buoi, che non promettono nulla e mi fanno tutto; dunque è meglio che dia da bere a loro che a voi”.
La favola va bene per certi uomini rovinosi che, promettendo di aiutarci, ci recano gravi danni.
il vostro Pascolo
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sabato 28 marzo 2009
"una razza in estinzione" di Giorgio Gaber.
Non sopporto neanche le cene in compagnia
E coi giovani sono intransigente
Di certe mode, canzoni e trasgressioni
Non me ne frega niente.
E sono anche un po' annoiato
Da chi ci fa la morale
Ed esalta come sacra la vita coniugale
E poi ci sono i gay che han tutte le ragioni
Ma io non riesco a tollerare
Le loro esibizioni.
Non mi piace chi è solidale
E fa il professionista del sociale
Ma chi specula su chi è malato
Su disabili, tossici e anziani
È un vero criminale.
Ma non vedo più nessuno che s'incazza
Tra tutti gli assuefatti della nuova razza
E chi si inventa un bel Partito
Per il nostro bene
Sembra proprio destinato
A diventare un buffone.
Ma forse sono io che faccio parte
Di una razza
In estinzione.
La mia generazione ha visto
Le strade, le piazze gremite
Di gente appassionata
Sicura di ridare un senso alla propria vita
Ma ormai son tutte cose del secolo scorso
La mia generazione ha perso.
Non mi piace la troppa informazione
Odio anche i giornali e la televisione
La cultura per le masse è un'idiozia
La fila coi panini davanti ai musei
Mi fa malinconia.
E la tecnologia ci porterà lontano
Ma non c'è più nessuno che sappia l'italiano
C'è di buono che la scuola
Si aggiorna con urgenza
E con tutti i nuovi quiz
Ci garantisce l'ignoranza.
Non mi piace nessuna ideologia
Non faccio neanche il tifo per la democrazia
Di gente che ha da dire ce n'è tanta
La qualità non è richiesta
È il numero che conta.
E anche il mio Paese mi piace sempre meno
Non credo più all'ingegno del popolo italiano
Dove ogni intellettuale fa opinione
Ma se lo guardi bene
È il solito coglione.
Ma forse sono io che faccio parte
Di una razza
In estinzione.
La mia generazione ha visto
Migliaia di ragazzi pronti a tutto
Che stavano cercando
Magari con un po' di presunzione
Di cambiare il mondo.
Possiamo raccontarlo ai figli
Senza alcun rimorso
Ma la mia generazione ha perso.
Non mi piace il mercato globale
Che è il paradiso di ogni multinazionale
E un domani state pur tranquilli
Ci saranno sempre più poveri e più ricchi
Ma tutti più imbecilli.
E immagino un futuro
Senza alcun rimedio
Una specie di massa
Senza più individuo
E vedo il nostro Stato
Che è pavido e impotente
È sempre più allo sfascio
E non gliene frega niente
E vedo una Chiesa
Che incalza più che mai
Io vorrei che sprofondasse
Con tutti i Papi e i Giubilei.
Ma questa è un'astrazione
È un'idea di chi appartiene
A una razza
In estinzione.
Onesti d'Italia,uniamoci!Mettiamo alla gogna i farabutti.
La necessità di post nasce dalla costatazione della deriva comportamentale di persone, gruppi, Istituzioni. È degenerazione questa che regna in ogni strato della società: truffe, raggiri, illegalità di ogni tipo sono per di più implicitamente incoraggiati dallo Stato stesso, dove politici e politicanti (sempre più spesso nel doppio ruolo di pregiudicati) da tempo immemore infangano morale e valori e coprono di sberleffi le persone oneste con il continuo susseguirsi di indulti, condoni, grazie, amnistie, per non parlare delle recenti leggi “ad personam”. Culturalmente l’Italiano è incentivato all’illegalità: chi non commette reati è “più fesso”, perché in un modo o nell’altro il malfattore la fa sempre franca. È il momento di alzare la testa della decenza e della legalità.
Sicuramente questa mia proposta non potrà fermare i professionisti del crimine “d’alto bordo”, ma per lo meno ambisce a suscitare una reazione, prima di tutto psicologica e poi fattuale, con l’obiettivo di innalzare una rete tra “poveri cristi”, tra i vessati, gli sventurati, i colpiti dalla scure del furbo che può fregare l'onesto con gli sporchi accordi tra truffatori.
No, non si tratta di denuncia personale sospinta da incoffessabile tornaconto, ma di un gesto altruistico, di autodifesa del povero cittadino che paga sempre per le angherie dei malfattori e dei prepotenti.
Teatro, voci nel deserto - Video - Repubblica Tv - la Repubblica.it
Happening improvvisati in mezzo alla strada per dimostrare che è ancora possibile fare teatro civile"
venerdì 27 marzo 2009
Degli episodi hanno fatto riflettere,alcuni studiosi che hanno messo a punto la tesi che la catastrofe potrebbe verificarsi tra breve a Paternò.
Ecco l'interessante resoconto di come si arrivò a capire come avvenne la distruzione di Sodoma e Gomorra e delle altre città della valle di Siddim (informazioni tratte dal libro "La Bibbia aveva ragione" di Werner Keller - pp. 68-75). Le "cinque città della pianura", citate nella Bibbia, fra cui Sodoma e Gomorra, erano iscritte su una tavoletta dell'archivio del palazzo di Ebla (nella Siria del Nord) addirittura nella stesso ordine di Genesi 14:2. Una conferma importante, perché si diceva che non erano mai esistite, perché non se ne trovavano i resti.
La scelta di Catone Uticense,per essere finalmente "liberi".
Traduzione de: "Morte di Catone Uticense" di Seneca
Perché non dovrei raccontare (lett. racconterei) che egli in quella notte leggeva un libro di Platone con la spada accanto al capo? Nell’ ultimo momento egli si era procurato questi due strumenti: uno per voler morire, l’altro per potere (morire). Sistemata quindi la situazione (lett. sistemate le cose), come poteva essere una situazione estrema e incontrastabile, pensò di dover agire così, affinché a nessuno o fosse lecito uccidere Catone o (affinché nessuno) toccasse di salvarlo. E impugnata la spada che fino a quel giorno aveva mantenuta incontaminata da ogni delitto:”Niente “disse” hai ottenuto, o Fortuna, ostacolando tutti i miei tentativi. Io ho combattuto fino ad adesso non per la mia ma per la libertà della patria, né agivo con tanta forza d'animo per vivere libero ma per vivere tra uomini liberi; ora poiché le sorti degli umani sono senza speranza, Catone sia portato in luogo sicuro”. Si inflisse quindi una ferita mortale sul corpo.
giovedì 26 marzo 2009
Beppe Grillo - Ecco cosa fanno gli inceneritori
Vaglielo a dire a quelli che ci vogliono fare il"termovalorizzatore"dietro casa.
Lo psiconano colpisce e infierisce ancora ..speriamo che abbia anche stavolta il coraggio di ritrattare
Il premier a Napoli: «La situazione è difficile, ma io non me ne starei con le mani in mano»
Silvio Berlusconi (Ansa)ROMA - «Auspico che chi è stato licenziato si trovi qualcosa da fare. Io non starei con le mani in mano». Lo dice Silvio Berlusconi conversando con i giornalisti all'Hotel Vesuvio a Napoli, dove si trova per l'inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra. A proposito dei lavoratori della Fiat di Pomigliano (in giornata c'è stato l'incontro tra il premier e una delegazione delle rappresentanze sindacali), il Cavaliere promette di aprire «un tavolo a Palazzo Chigi affinché si arrivi innanzitutto ad un prolungamento della cassa integrazione». SITUAZIONE DIFFICILE - «È una situazione veramente difficile» osserva il premier. «Io - aggiunge Berlusconi riferendosi alla situazione in generale - spero che si faccia di tutto affinché non si lasci nessuno a casa. Anche gli imprenditori si devono inventare qualcosa», sottolinea il Cavaliere. «Ci sono tante ricette - spiega - ma nessuno ha una cura precisa. Deve lavorare di più chi ha la possibilità di farlo» ribadisce il presidente del Consiglio, che si dice contrario alla proposta della settimana corta così come auspicata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
mercoledì 25 marzo 2009
LA FATTORIA DEGLI ANIMALI di George Orwell P1
Il messaggio della favola, la sua morale, è che qualunque rivoluzione che si proponga di instaurare un'utopia è destinata a fallire e a trasformarsi in tragedia.Infatti, tutto il potere corrompe, e il potere assoluto corrompe in modo assoluto.
Oggi racconto una favola.....
A un taglialegna cadde l’accetta nel fiume presso cui stava lavorando. Non sapendo che fare, si mise a piangere, seduto sulla sponda. Ermes, saputa la ragione del suo pianto, si impietosì; fece un tuffo nel fiume e portò su un accetta d’oro, chiedendogli se era quella che aveva perduto. L’uomo rispose dl no, ed Ermes, tuffatosi di nuovo, ne portò sù una d’argento; e poiché l’uomo dichiarava che non era nemmeno quella, si tuffò una terza volta e gli portò fuori la sua. Allora il taglialegna disse che si trattava veramente di quella che aveva perduta, ed Ermes, soddisfatto della sua onestà, gliele diede tutte e tre. Il boscaiolo, ritornato tra gli amici, raccontò loro l’accaduto, e uno di essi pensò di poterne ricavare un uguale profitto. Andò al fiume, gettò a bella posta la sua accetta nell’acqua e poi si sedette lì a piangere. Anche a lui comparve Ermes e, informatosi del motivo del suo pianto, si tuffò e portò sù a lui pure un’accetta d’oro, chiedendogli se era quella che aveva perduta. "Ma sì, certo che è quella!", rispose l’altro, esultante. Il dio, indignato di tanta sfacciataggine, non solo si tenne l’accetta d’oro, ma non gli riportò nemmeno la sua.
La favola mostra che la divinità è tanto propizia agli onesti quanto ostile ai disonesti.
martedì 24 marzo 2009
La Tempesta
E' notte, una musica malinconica accompagna la lenta pioggia, ritmiche le gocce lasciano sui vetri sporchi ferite di diamante. La loro canzone sveglia l'anima mia addormentata, tendo l'orecchio al passato ascolto i tempi futuri che avanzano. Dal passato si innalzano i lamenti, nel futuro rimbombano i perchè, si avvicina la tempesta ed io l'attendo, le andrò incontro e niente mi bloccherà.
lunedì 23 marzo 2009
La maternità adesso viene concepita come la disabilità..
Dopo le strisce bianche, le strisce gialle per gli invalidi, le strisce blu a pagamento, le strisce bianche/ residenti arrivano ....................Tataaaà!!- pensavate fosse uno scherzo eh? - le strisce rosa, per le donne incinte.E da chi viene promossa questa proposta?Ma naturalmente da una donna(?-?)?),in un consiglio comunale dove la rappresentanza femminile è davvero irrisoria,cosa va a pensare la nostra rappresentante?(Con tutti i problemi che affligono le donne,mobbing,discriminazioni di ogni genere,condizioni sociali di donne in difficoltà.)"LE strisce rosa"LE STRISCE ROSA!!!!!LE STRISCE ROSA!!!!! LE STRISCE ROSA!!!!!!!!!!!!!!Bene, ma perché solo per le donne incinte? Nel senso perché le donne solo incinte? Non è una domanda provocatoria: e quelle che hanno partorito da poco, col bambino nel passeggino? Insomma, estendiamolo alle mamme coi bambini fino ai due anni, suvvia. Ma e se quel giorno è il papà che porta il pargolo? Non sarebbe meglio identificare il parcheggio col bambino? Quindi donne incinte e bambi fino ai due anni? Meglio no? LA DONNA IN STATO DI GRAVIDANZA NON è INABILE!!!LA GRAVIDANZA NON è UNA MALATTIA è UNA CONDIZIONE FEMMINILE.
E però, scusate. Quando la nave sta affondando, prima le donne, i vecchi e i bambini. E i nonnini che faticano a camminare? Non sarebbe giusto dedicare anche a loro degli spazi riservati? Visto che le strisce bianche già ci sono, facciamole grigie. O, se è troppo politically scorrect, che so, verdi, basta che poi non siano prese d’assalto dai leghisti.
E speriamo che non si usino i cartelli che a Milano fanno il loro sfoggio,in cui si può leggere:"stallo per donne in Gravidanza",stallo,stallo,Stallo?Stallo? Lo stallo,se andiamo a cercare codesto termine troviamo: lo spazio predisposto per la mungitura delle mucche,alla faccia della elevazione culturale!
Approfondimenti su questi argomenti alla prossima "striscia".
domenica 22 marzo 2009
La pay tv ,sta divorando il nostro tempo libero.
venerdì 20 marzo 2009
Chi sono?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell'anima mia:
"follia".
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore la tavolozza dell'anima mia:
"malinconia".
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c'è che una nota
Nella tastiera dell'anima mia:
"nostalgia".
Son dunque...che cosa?
Io metto una lente
Davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell'anima mia.
Aldo Palazzeschi
In modo polemico e provocatorio il poeta prende in giro chi, in passato, ha composto poesie serie, rispettando ogni regola. Palazzeschi rivendica la libertà di trasgredire tutte le norme. La poesia, dice, non ha più nulla da offrire agli uomini; i tempi sono cambiati, la vecchia poesia è morta: lasciatemi divertire!
Tri tri tri,
fru fru fru,
ihu ihu ihu,
uhi uhi uhi!
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
paraparaparapa,
laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie
Bubububu,
fufufufu.
Friu!
Friu!
Ma se d'un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno
si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee!
Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovanotto,
ditemi un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
un sì gran foco?
Huisc...Huiusc...
Sciu sciu sciu,
koku koku koku.
Ma come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro,
gli daranno del somaro.
Labala
falala
falala
eppoi lala.
Lalala lalala.
Certo è un azzardo un po' forte,
scrivere delle cose così,
che ci son professori oggidì
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine io ò pienamente ragione,
i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non dimandano
più nulla dai poeti,
e lasciatemi divertire!
giovedì 19 marzo 2009
Testo
La Regina della Notte-R.Cocciante
Album Giulietta e Romeo
La regina della notte
fà sognare i sogni
entra nella testa degli amanti con amori
che non sono veri ma
il risveglio è triste come fosse per davvero un addio.
La regina della notte
fà mentire tutti
fa sognare cose vere ma che sono sogni
E chi dorme non lo sà che ci crede bene
tutto vero come niente lo è
Entra come amore nei cervelli innamorati
come le parcelle nei cervelli di avvocati
come la ferita di una gola aperta nella testa dei soldati.
La regina della notte
mette in testa i sogni
come ragni,come grilli,come le farfalle
e la testa se ne va
corre salta e vola dentro un mondo che non è la realta
entra come abbraccio nei cervelli piu eccitati
come merce viaggia nei cervelli commerciali
come un'altra storia,
come un'altra vita nei destini addormentati
La regina della notte
sveglia in testa i mostri,
brucia, sente, scioglie i cuori
dentro le passioni
per quei miti belli che
al risveglio piangi come fosse per davvero un'addio
mercoledì 18 marzo 2009
Le donne chi sono?
Tutto mi pare una grande bugia e non so se è la donna ad essere "Morgana",
capace di trasformismi, di apparire e stravolgere gli equilibri,
oppure sia il povero uomo la vittima dell'artificio, dell'illusione da lui stesso
sperata, cercata e poi creata.
Il fatto è, che sono le donne i veri uomini.
Razzismo, sessismo..non è altro che la frustrazione dell'uomo, per non essere nato donna
"Mille splendidi soli" di Khaled Hosseini. trama :a quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua "kolba" di legno in cima alla collina, osserva i minareti in lontananza e attende con ansia l'arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché Mariam è una "harami", una bastarda, e sarebbe un'umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L'unica cosa che deve imparare è la sopportazione. Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell'aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile. Dall'intreccio di due destini, una storia che ripercorre la storia di un paese in cerca di pace, dove l'amicizia e l'amore sembrano ancora l'unica salvezza.
martedì 17 marzo 2009
Per qualche dollaro in più
La musica sta per finire,l'attesa sta per finire,per qualche dollaro in più,.......ne valeva la pena,indio attento......il monco sta con me......
lunedì 16 marzo 2009
A proposito di morte........
Ogn’anno, il due novembre, c’è l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll’adda fa’ chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero. Ogn’anno, puntualmente, in questo giorno di questa triste e mesta ricorrenza, anch’io ci vado, e con dei fiori adorno il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza . St’anno m’è capitata un’avventura...dopo di aver compiuto il triste omaggio(Madonna!), si ce penzo, che paura! Ma po’ facette un’anema e curaggio.‘O fatto è questo, statemi a sentire: s’avvicenava ll’ora d’ ‘a chiusura: io, tomo tomo, stavo per uscire buttando un occhio a qualche sepoltura.« QUI DORME IN PACE IL NOBILE MARCHESE SIGNORE DI ROVIGO E DI BELLUNO ARDIMENTOSO EROE DI MILLE IMPRESE MORTO L’11 MAGGIO DEL ’31 »‘O stemma cu ‘a curona ‘ncoppa a tutto......sotto una croce fatta ‘e lampadine; tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto:cannele, cannelotte e sei lumine. Proprio attaccata ‘a tomba ‘e stu signore ce steva ‘n’ata tomba piccerella, abbandunata, senza manco un fiore;pe’ segno, sulamente ‘na crucella. E ncoppa ‘a croce appena si leggeva:« ESPOSITO GENNARO NETTURBINO »Guardannola, che ppena me faceva stu muorto senza manco nu lumino! Questa è la vita! ‘Ncapo a me penzavo...Chi ha avuto tanto e chi nun ave niente! Stu povero maronna s’aspettavaca pure all’atu munno era pezzente? Mentre fantasticavo stu penziero,s’era già fatta quase mezzanotte,e i’ rummanette ‘nchiuso priggiuniero,muorto ‘e paura... annanze ‘e cannelotte.Tutto a ‘nu tratto, che veco a luntano? Ddoje ombre avvicenarse ‘a parta mia...Penzaje: stu fatto a me mme pare strano Stongo scetato... dormo, o è fantasia?A te che fantasia; era ‘o Marchese:c’ ‘o tubbo, ‘a caramella e c’ ‘o pastrano;chill’ato appriesso a isso un brutto arnese; tutto fetente e cu’ na scopa mmano. E chillo certamente è don Gennaro...‘o muorto puveriello... ‘o scupatore.‘Int’ a stu fatto i’ nun ce veco chiaro:so’ muorte e se ritireno a chest’ora? Putevano sta’ ‘a me quase ‘nu palmo,quando ‘o Marchese se fermaje ‘e botto,s’avota e, tomo tomo... calmo calmo,dicette a don Gennaro: « Giovanotto! Vorrei saper da Voi, vile carogna,con quale ardire e come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che sono un blasonato?La casta è casta e va, sì, rispettata,ma voi perdeste il senso e la misura;la vostra salma andava, sì, inumata;ma seppellita nella spazzatura! Ancora oltre sopportar non posso la vostra vicinanza puzzolente. Fa d’uopo, quindi, che cerchiate un fosso tra i vostri pari, tra la vostra gente ».« Signor Marchese, nun è colpa mia, i’ nin v’avesse fatto chistu tuorto;mia moglie è stata a ffa’ sta fessaria, i’ che putevo fa’, i’ ero muorto? Si fosse vivo ve farrie cuntento,pigliasse ‘a casciulella cu ‘e qquatt’osse,e proprio mo, obbj’... ‘nd’a stu mumentomme ne trasesse dinto a n’ata fossa ».« E cosa aspetti, oh turpe malcreato, che l’ira mia raggiunga l’eccedenza? Se io non fossi stato un titolatoavrei già dato piglio alla violenza! »« Famme vedé... - piglia sta violenza...‘A verità, Marché’, mme so’ scucciato‘e te sentì; e si perdo a pacienza,mme scordo ca so’ muorto e so’ mazzate!...ma chi te cride d’essere... nu ddio? Ccà dinto, ‘o vvuò capì, ca simmo eguale?......Muorto si’ tu e muorto so’ pur’io;ognuno comme a ‘n’ato è tale e qquale ».« Lurido porco!... Come ti permetti paragonarti a me ch’ebbi natali illustri nobilissimi e perfetti;da fare invidia a Principi Reali? »« Tu qua’ Natale... Pasca e Ppifania!!!T’ ‘o vvuo mettere ‘ncapo... ‘int’ ‘a cervellache staje malato ancora ‘e fantasia?...‘A morte ‘o ssaje ched’è?... è una livella. ‘Nu rre, ‘nu magistrato, ‘nu grand’ommo, trasenno stu canciello ha fatt’ ‘o puntoc’ha perzo tutto, ‘a vita e pure ‘o nomme: tu non t’hé fatto ancora chistu cunto? Perciò, stamme a ssentì... nun fa’ ‘o restivo suppuorteme vicino - che te ‘mporta? Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive:nuje simmo serie, appartenimmo â morte. »
(Totò)
Un film per riflettere.......
L'attesa del tenente Drogo......
Fissiamo appuntamenti, controlliamo il calendario, annotiamo sull’agenda i nostri programmi, le scadenze, i progetti. Attendiamo sempre che arrivi qualcosa, in quel tempo che abbiamo definito come dimensione esterna e in cui collochiamo tutto quello che ci accade, che è andato via, che, forse, arriverà. In realtà, quel tempo nel quale ci muoviamo è una pura invenzione. E’ una nostra invenzione. Il tempo, al di fuori di noi, non esiste. Noi abbiamo inventato le ore e gli orologi, i giorni, i mesi, gli anni, i calendari, le stagioni.
…. senza nulla che passi non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga non esisterebbe un tempo futuro; senza che nulla esista non esisterebbe il tempo presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono dal momento dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al presente, per essere tempo, senza tradursi in passato, come possiamo dire di esso che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo se non in quanto tende a non esistere. (S. Agostino, Le confessioni).
Noi non siamo più quella creaturina che attendeva di tuffarsi nella vita. I nostri occhi hanno visto tante cose, hanno pianto, hanno sorriso. Abbiamo creato una famiglia o siamo rimasti soli, e il nostro corpo è andato invecchiando, sempre nell’attesa di qualcosa. Abbiamo aspettato l’amore, un posto di lavoro, una promozione, un viaggio. Poi aspettiamo di andare in pensione, di riposarci.
Quelle cadenze interiori che chiamiamo tempo hanno rallentato il loro ritmo, non abbiamo più il vigore di una volta e, come il tenente Drogo abbiamo passato la vita nell’attesa di qualcosa, non sapendo che alla fine di tutte le attese, altro non c’è che la morte.
A Drogo parrà di vedere o vedrà davvero i Tartari ma, nel frattempo, tutta la sua vita è andata consumandosi in quell’attesa e non gli restano, ormai, che gli spiccioli di un sogno.
Ma l’’inutile’ attesa è anche ciò che ci dà forza per perseguire i nostri sogni, anche se, alla fine, non ci saranno più attese né sogni.
E scopriremo che ‘vola il tempo , lo sai che vola e va, forse non ce ne accorgiamo, ma più ancora del tempo che non ha età, siamo noi che passiamo. ( da Valzer per un amore, di Fabrizio De Andrè).
Giovanni Drogo è il protagonista dell’indimenticabile Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati.
domenica 15 marzo 2009
sabato 14 marzo 2009
YouTube - Francesco Guccini - Cirano
Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto,infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati, buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza; godetevi il successo, godete finchè dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l' ignoranza dei primi della classe.Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna. Gli orpelli? L'arrivismo? All' amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco! Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti, venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese. Non me ne frega niente se anch' io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato;coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco! Ma quando sono solo con questo naso al piede che almeno di mezz' ora da sempre mi precede si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore che a me è quasi proibito il sogno di un amore; non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute, per colpa o per destino le donne le ho perdute e quando sento il peso d' essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo, ma dentro di me sento che il grande amore esiste, amo senza peccato, amo, ma sono tristeperchè Rossana è bella, siamo così diversi, a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi... Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un' altra vita; se c'è, come voi dite, un Dio nell' infinito, guardatevi nel cuore, l' avete già tradito e voi materialisti, col vostro chiodo fisso, che Dio è morto e l' uomo è solo in questo abisso, le verità cercate per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali; tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti. Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, io non perdono, non perdono e tocco! Io tocco i miei nemici col naso e con la spada, ma in questa vita oggi non trovo più la strada. Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo, tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo: dev' esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto. Non ridere, ti prego, di queste mie parole, io sono solo un' ombra e tu, Rossana, il sole, ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora ed io non mi nascondo sotto la tua dimora perchè oramai lo sento, non ho sofferto invano, se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo...Cirano.
"Privo di titolo".
Il brano e` tratto da un'intervista rilasciata a Carta da Gino Strada, chirurgo di guerra e fondatore di Emergency
La vignetta e`stata disegnata per Emergency da Vauro Senesi, inviato de il manifesto in Afghanistan, Palestina, Iraq ...
venerdì 13 marzo 2009
SCUOLA: E ORA, CHI SI RICORDA DEI DISABILI ?
Post n°23 pubblicato il 11 Marzo 2009 da ugualmenteabile
Tag: istituzioni, l'opinione, leggi.integrazione
Di Peppe Musto
In questi giorni dopo c’e un dibattito molto accesso sulla nuova riforma della scuola , tagli al personale docente, grembiuli si grembiuli no ,chi più ne ha più ne metta.
Premesso che non si vuole fare nessuna questione politica di destra o di sinistra ,ma far emergere solo un problema sociale .
Mi domando e chiedo come influirà sui bambini disabili questa riforma ? anche se il Ministro ha ribadito piu volte che gli insegnanti di sostegno non verranno toccati , credo che in questa baraonda d’inizio anno scolastico qualche disagio se visto ,come trasmesso in qualche servizio proposto dai tg nazionali .
La prima preoccupazione che emerge è che oltre al danno ci sia pure la beffa ,al disagio dovuto ad una disabilita si aggiunga pure questo e vada ha farsi benedire tutto il discorso dell’integrazione sociale .
La seconda preoccupazione è quella che si vada verso una vecchia logica di scuole differenziate che non servono a nulla, ma solo a ghettizzare chi e debole , non solo perchè è diversamente abile, ma anche perchè in questa società si tenda di nascondere i problemi in un contesto dove conta molto l’immagine .
Fonte http://www.informazione.campania.it/ ( pubblicato il 25/10/2008)
"Son De Mar"di Bigas Luna.Film che aiutano a riflettere.
Il ritorno di Ulisse ©Arianna Papini
Ulises (Mollà); giovane insegnante di lettere da poco trasferito in una cittadina della costa mediterranea, viene attratto dalla bellezza di Martina (Watling). I due si innamorano velocemente e decidono di sposarsi, nonostante la pressante corte che la ragazza subisce da parte del ricchissimo Sierra (Fernandez). Dopo aver avuto un figlio però Ulises comincia a dar segni di insoddisfazione. Un giorno la barca con cui era uscito in mare viene ritrovata abbandonata alle onde, mentre di lui non c’è traccia. Dato per morto l’amato Martina finisce per cedere alle lusinghe di Sierra, rassegnandosi a sposarlo. Ma a distanza di quattro anni Ulises ricompare, spiegandole di essere semplicemente fuggito: i due riallacceranno in clandestinità la loro storia d’amore , ma la vendetta di Sierra sarà spietata e inappellabile.
Scilla e Cariddi. “Son de mar” rappresenta l’ennesima variazione sul tema del melodramma, storia di un amore bruciante, totale e nondimeno contrastato tra un uomo e una donna. Tra due mondi lontani, fatti però della stessa sostanza e tuttavia destinati ad incrociarsi e mischiarsi per poi inevitabilmente sciogliersi e dissolversi. Ulises e Martina incarnano un modo di vivere l’amore: un sentimento fatto di cibo (pretesto per il quale si conoscono); musica (quella che Martina fa ballare a Ulises, quella che lui le insegna) e prima ancora corpo, istinto e pulsione recondita, vero perno del loro rapporto. Non di parole: i due parlano poco, scegliendo piuttosto il sesso come veicolo di comunicazione (a tale proposito è emblematica la pressocchè totale assenza e inconsistenza di spiegazioni verbali da parte di Ulises dopo un silenzio di quattro anni, distacco colmato ancora una volta, inevitabilmente, con il contatto fisico). Le uniche parole pregnanti non sono dette, ma lette o recitate (quindi non sono proprie, pur utilizzate per esprimere la propria dimensione interiore): quelle dell’ “Eneide” che lui le legge in occasione del loro primo incontro e soprattutto quelle dell’ “Odissea” ripetute ossessivamente per tutto il film, scandendo gli amplessi e le riconciliazioni della coppia. Il passo omerico citato riguarda la descrizione da parte dell’eroe del suo incontro con Scilla e Cariddi, i due spaventosi mostri marini posti alle estremità dello stretto di Messina per stritolare e dilaniare i viaggiatori che lì avessero deciso di avventurarsi. I serpenti dalle immense volute non lasciavano scampo al viandante, sul quale ineluttabile si richiudevano le acque.
Se Omero salva Ulisse, restituendolo alla sua Itaca, nel canto XXVI della “Divina Commedia” Dante affonda l’imbarcazione dell’uomo e la sua ciurma: è la stessa sorte che attende i due amanti del film, avvinghiati dai mostri generati da un amore puro solo inizialmente e poi insano, corrotto dal dubbio, corroso dal tempo, consunto dal rimpianto. Le parole dell’opera omerica se pronunciate nella prima parte del film assumono valore quasi prolettico, anticipando come si evolverà la vicenda, che ne sarà dei personaggi e del loro amore (senza dimenticare che tutto il film è strutturato in flashback, dato che già la prima sequenza ci mostra il corpo senza vita di Ulises, e che la leggenda raccontata da Martina suona subito come una profezia). Spettri di ritorni e d’amore sommersi. Un amore condannato a morte, come coloro che si sono imbarcati sulla “Martina” prima, sulla “Son de mar” poi: è la chiatta de “L’atalante” di Jean Vigo, l’unico angolo al mondo dove i due giovani possano rifugiarsi, dove possano vivere finalmente il proprio amore. Ma è un’imbarcazione in cui è stata praticata una falla: e non dall’antagonista Sierra, bensì da Ulises stesso, dalla sua insaziabile sete di conoscenza, dall’ansia di sperimentazione, dall’inquietudine di avvertire dei limiti. Sulla “Son de mar” Sierra ha introdotto anche un alligatore, ennesimo mostro anfibio, suo ideale alter-ego: nella sequenza iniziale lo abbiamo visto boccheggiare, sospinto dopo il naufragio sulla spiaggia e lì arenatosi. Anche per Sierra, come per Martina e Ulises, vi è un unico destino, naturalmente di sconfitta, di morte, anche lui è stato travolto dal loro amore e spazzato via, senza che questo costituisca la giusta punizione per un’effettiva cattiva condotta.
Egli non ha colpe particolari se non quella di essersi abbandonato pure lui ad una tale passione da perdere, come il suo coccodrillo, la capacità di orientarsi e di contrastare le onde. La sequenza (abbastanza pregevole in realtà) dell’affondamento dell’imbarcazione segna l’inabissarsi di un mondo di tracciati individuali che finiscono per incrociarsi e condizionarsi vicendevolmente in un’ottica quasi kieslowskiana, chiudendo un cerchio e riallacciandosi con l’incipit del film (probabilmente ispirato ad un’altra storia d’amore impossibile, “Il fantasma e la signora Muir” di Joseph L. Mankiewicz, e cos’è Ulises una volta riapparso nella vita di Martina se non un fantasma appunto, come dice anche Sierra?); che ne svela dal principio il vero, assoluto protagonista, il mare, un elemento spesso associato all’idea umana dell’infinito, esattamente come l’amore. E’ il mare che scorre eternamente in mezzo a Scilla e Cariddi, lo stesso che separa Martina e Ulises: quando lui decide di seguirlo, attraversando “tutti gli oceani del mondo” per capire ciò che già avrebbe dovuto sapere, quando entrambi scelgono di intraprenderlo, fuggendo incontro alla morte che li dividerà definitivamente. Infine tutta l’acqua di quattro anni smarriti per strada, un mare di incomunicabilità solo sondato in un appartamento-prigione e mai sconfitto del tutto, un diluvio universale che possa lavare gli uomini dai propri peccati. Bigas Luna ha autorizzato per questo film a parlare dell’inaugurazione di una cosiddetta “fase bianca” all’interno della sua produzione, contraddistinta da un’iniziale “fase nera” (“Caniche”, “Angoscia”) e da una successiva “fase rossa". Come il regista stesso sottolinea è il percorso inverso rispetto a quello di Goya, che da tele molto luminose passò a tonalità più scure. Bigas Luna ha quasi sempre firmato la sceneggiatura dei suoi film: “Son de mar” è invece tratto dal romanzo omonimo di Manuel Vicente, vincitore nel 1998 del Premio Alfaguara, che contiene molte delle ossessioni del regista quali il sesso,il cibo e la morte.
Caetano Veloso.
Caetano Maravilhoso interprete ... magnifico artista ,,, magnifica interpretacion ...y como ya dijo alonso "Un caballero de fina estampa" divino ... ...
Un estilo de angel ... incomparable !!!
2001 - Parla con lei (Hable con ella) di Pedro Almodovar
giovedì 12 marzo 2009
"Una casa di bambola"Di henrik Ibsen
Scelte di una donna tra menzogne ed ovattate realtà
“Casa di bambola” fotografa con precisione la società borghese Ottocentesca, mostrando come dietro una facciata di armonia coniugale e supposti buoni sentimenti, emerga una realtà dominata dal denaro, dal lavoro, dall’ansia della carriera e dall’affermazione sociale.
Nora è una giovane donna avvenente che trascorre una vita matrimoniale felice, un pò frivola, ma felice.Ben presto però questa tranquillità si dimostra pura apparenza e la protagonista è costretta a scontare i suoi “peccati”.
Appare, infatti, nel suo sicuro focolare domestico un uomo meschino, Krogstad, che incomincia a ricattarla perché anni prima le aveva fornito una ingente somma di denaro e aveva scoperto che la donna aveva falsificato la firma del padre sull’obbligazione che le avrebbe permesso di richiedere un prestito,perchè il marito improvvisamente si ammala e lei è costretta a ricoprire le spese ingenti.La protagonista è sconvolta dalle pretese di quest’uomo, che le chiede di influenzare il marito Helmer e di assicurargli un’ascesa professionale, e, nella paura di essere scoperta, utilizza tutte le sue arti seduttive, ma inutilmente.
Henrik Ibsen è uno dei padri fondatori della drammaturgia europea e in questa opera, tra momenti di brio e bagliori di angoscia, rappresenta il genere umano, scrutandolo nei suoi conflitti interiori e nel dramma personale. Nora, con fantasia , costruisce la sua esistenza irradiando chi le è vicino, ma è anche una donna bambina, capricciosa e viziata, che tra danze, risa, piccole menzogne e gentilezze, riesce a giocare con la vita, con le persone ed anche con se stessa. Il suo desiderio di magia e la sua passione la portano ad innalzare il marito ad eroe ed a trasformare una grave falsificazione in un atto di martirio e coraggio. In realtà la protagonista è simbolo di una società venale e materialista, che dimostra nei discorsi e nelle azioni come le ricchezze segnino le svolte esistenziali, distruggano sogni e futuro, conducano verso una devastante superficialità.
Per anni Nora è stata inneggiata come emblema del movimento femminista perché decide di ribellarsi all’egoismo di Helmer e di abbandonare casa e figli alla ricerca della sua individualità, ma in verità la protagonista fugge da una realtà che non rispetta la trama fantasiosa intessuta nella sua mente. Nora è “una lodola”, un “lucherino sventato”, un “uccellino canoro”, una bambola che permette al marito di pretenderne il possesso, di ricevere da lei solo gioia e tranquillità, senza condividere problemi e angustie; ma Nora è anche una donna che sceglie di non liberarsi da quella maschera che indossa ormai da troppo tempo, preferendo scappare, vinta da un sogno romantico irrealizzato, piuttosto che combattere la cruda realtà con la risolutezza necessaria.
La grandezza di questo dramma non è stata inizialmente compresa ed apprezzata; la sua pubblicazione nel 1887 ha suscitato scalpore e censure poiché veniva intaccato dal profondo il mondo borghese e sciva dissacrato il valore della famiglia.Inoltre la scelta definitiva di Nora appariva impopolare e sciattamente priva di lieto fine.
Le scimmie, come le donne sono cattive perchè brutte
YouTube - Maria Callas Trovatore: Tacea la notte placida - 1950
Siamo nei giardini del palazzo. È notte. Una notte in cui "dense nubi coprono la luna" come scrive Verdi nel libretto. Leonora e Ines passeggiano. Leonora è triste perché da tempo non vede l’uomo che ama. Alle domande di Ines, Leonora spiega che la prima volta l’ha visto ad un torneo. Poi, dopo la guerra civile, una notte aveva sentito il canto di un uomo e, corsa al balcone aveva riconosciuto la figura del suo Trovatore. Ecco il racconto di Leonora.
Libretto
Tacea la notte placida e bella in ciel sereno la luna il viso argenteo mostrava lieto e pieno...Quando suonar per l’aere,infino allor sì muto,dolci s’udiro e flebili gli accordi d’un lïuto,e versi melanconici un Torvator cantò.Versi di prece ed umile qual d’uom che prega Iddio in quella ripeteasi un nome... il nome mio!...Corsi al veron sollecita...Egli era! Egli era desso!...Gioia provai che agli angeli solo è provar concesso!...Al core, al guardo estatico la terra un ciel sembrò.
mercoledì 11 marzo 2009
Attenti a certi pesci
Oggi per caso,andando alla ricerca di esemplari marini con mio figlio che è un appassionato di questi ultimi, mi sono imbattuta in un pesce molto particolare,il pesce leone.
martedì 10 marzo 2009
L'uomo una specie in via d'estinzione?
lunedì 9 marzo 2009
Ma come non ti stai organizzando per andare a festeggiare la festa delle donne!!
sabato 7 marzo 2009
Sempre e per sempre - Francesco De Gregori
questa canzone è per chi sempre e per sempre dalla mia parte ho trovato,e chi sempre abbandonar non potrei!
venerdì 6 marzo 2009
Canzone per il Che (Stagioni) - Francesco Guccini (Song for Che Guevara)
Dedico questo post alla fantastica Momma
DA:"Il Processo Di Franz Kafka
Franz Kafka