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martedì 26 gennaio 2010

Il re nudo.

Vi racconto una fiaba. Che poi, tanto fiaba, non è.
Diciamolo! E' una parodia della fiaba di Andersen,

Questo racconto parla di un imperatore vanitoso, eccentrico, un certo Re . Era il Re del Paese della libertà, e il suo popolo, era il popolo della libertà. .
Questo Re era molto attento ai suoi interessi personali e al suo aspetto esteriore.
Un giorno a palazzo Al....EHM a Corte (!), arrivarono de tessitori imbroglioni che fecero credere a tutti di possedere una stoffa magica e bellissima, che solo gli stolti e gli indegni non potevano vedere. Naturalmente, anche se non vedeva nulla, il Re per non fare la figura dello stolto finse di vedere la stoffa e si fece fare un abito dagli imbroglioni. Tutti a Corte facevano finta di vedere il vestito del Re e si complimentavano ."Bellissimo!", dicevano tutti.

Quando il Re decise di scendere tra il popolo della libertà tutti lo applaudivano e ne ammiravano il vestito. Ma ad un certo punto, si leva una voce di fanciullo che grida : "MA IL RE E' NUDO!". Era la voce della verità. La voce dell'innocenza.

MORALE DELLA FAVOLA: Se il popolo della libertà, non fosse un grandissimo branco di pecore (si può dire "grandissimo"?) , forse il Re nudo non sarebbe manco uscito di casa.
In un primo momento si era pensato che il bambino fosse comunista (si può dire bambino?)
Ma tu guarda se dobbiamo sentire queste cose da un bambino, invece che dai giornalisti (si può dire giornalisti?).

venerdì 15 gennaio 2010

Il colombre


Di solito scrivo io una nota, un mio pensiero, una mia riflessione. Ma questa volta voglio solo fare da tramite a chi dello scrivere note, pensieri, riflessioni ne ha fatto un'arte: Dino Buzzati
Il colombre è il primo racconto di una raccolta omonima del 1966. Lo dedico a tutti quelli che pensando sempre e solo a difendersi dall'altro, dal diverso, da ciò che si conosce solo per sentito dire e in quanto tale si teme, passano la loro vita a fuggire e a non cogliere le tante perle di cui la vita, spesso una sola volta, ci fa omaggio. Buona lettura                                                                                                                                                       
Il colombre (Cliccare su questo link)

lunedì 11 gennaio 2010

Un pensiero rivolse anche il Leopardi a Paternò?



O patria mia, vedo le mura e gli archi e le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran Carchi
I nostri Padri antichi. O fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oime quante ferite,
Lividor Che, sangue Che! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse un racconto? E questo è peggio,
Che di catene ha carche AMBE le braccia;
Si che Sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e Sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, Che hai ben donde, mia Paternò,
Vincer Le Genti UNO nata
E sorte Nella fausta e Nella ria.
SE fosser gli occhi tuoi Fonti dovute vive,
Potrebbe non mai il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo Scorno;
Che fosti donna, o sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, o non Quella è?
Perchè, perchè? Dov'è la forza antica,
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
O qual tanta possanza
Valse uno spogliarti il manto e l'auree bende?
Vieni cadesti o Quando
Da Tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Tuoi Nessun de '? L'armi, qua l'armi: io solo
Combatterò, procomberò io sol.
Dammi, o ciel, CHE SIA Foco
Agl'italici Petti Il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi:
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar DI SPADE
Vieni Tra Nebbia Lampi.
Nè ti Conforti? E i tremebondi lumi
Piegar non Soffri al dubitoso evento?
Una pugna Che uno Campi Quei
La paternese Gioventude? O numi, o numi:
Pugnan per altra terra itali Acciari.
Oh misero colui Che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e I Figli cari,
Ma da nemici Altrui
Per altra gente, e non dir PUÒ morendo:
Natia Alma Terra,
La vita che mi destinazione ecco ti rendo.
Oh e venturose Benedette cura e
L'antiche età, Che a morte
Per la patria correan le genti a squadre;
E voi sempre onorate e gloriose,
Strette O tessaliche,
Dove la Persia e il fato assai uomini Forte
Fu di poch'alme franche e generose!
Io credo CHE E i sassi e l'onda LE PIANTE
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin sponda Quella tutta siccome
Coprìr le invitte Schiere
De 'corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso AMBE le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglieasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Lance Ch'offriste il petto alle Nemiche
Per amor di costei ch'al Sol vi Diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira.
Perigli Nell'armi E NE '
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Vieni sì lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde Ridenti
Correste al passo lacrimoso e duro?
Parea ch'a danza e non andasse a morte
Vostri Ciascun de ', o uno splendido convito:
Ma v'attendea Lo Scuro
Tartaro, e l'onda morta;
Né le spose vi foro o I figli Accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza de 'Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Vieni Leone di tori entro una mandra
O salta uno Quello nel tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
O questo fianco addenta O Quella Coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira de 'Greci Petti e la virtute.
Cavalieri e Cavalli Supini Ve ';
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
Primieri fra Correr E '
Pallido e scapigliato Esso tiranno;
Tinti e Infusi venire Ve '
Del Barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle Piaghe,
Sopra L'ONU Cade l'altro. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si Favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
SPENTE nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il Vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua Mostrando
Verran le madri ai parvoli Le Belle
Orme del Vostro sangue. Ecco io mi prostro,

O benedetti, al suolo,
E bacio QUESTI sassi e zolle queste,
Che fien lodate e Chiare eternamente
Dall'uno polo all'altro.
Deh foss'io pur con molle e voi qui sotto,
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è Diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i moribondi lumi
Prostrato Chiuda in guerra,
Così la vereconda
Fama del Vostro vate appo i futuri
Possa, Volendo i Numi,
Tanto durar Quanto la vostra duri.
(Giacomo Leopardi)

sabato 2 gennaio 2010

Il ritorno del qualunquismo alimenta Paternò e i paternesi che fanno?........Abboccano........Abboccano.....

Ma davvero c'era bisogno del ritorno di Povia a Paternò per salvare il Natale?Ci domandiamo alcuni che non ci stanno a questa superficialità da quattro soldi, immagino  la piazza  gremita che urla inneggiando l'insigne artista, che stando a quello che si dice in giro e alle rassicurazioni di qualche politico che per non creare allarmismi e far pensare che ci sia dello spreco di danaro pubblico ,non chiede una cifra esosa ma umilmente si accontenta e canta...forse perchè nelle altre città avrebbero preso a sassate uno che "voleva avere il becco"o qualcuno che ribadisce ancora ....e  ancora .....nelle sue canzoni e nelle interviste rilasciate che essere omosessuali è una malattia di cui si può guarire e che è determinata da problemi familiari.
Ma si!!! Tuffiamoci nella folla con Povia, siamo tutti qualunquisti,uniamoci ai ringraziamenti che i nostri politici fanno al direttore artistico che ha permesso che ciò si realizzasse e avesse luogo,intanto non si trovano i fondi nelle casse del comune per ripristinare la fiera di settembre,ormai sepolta da  inutili toppe come questa che ci viene proposta,che dava l'opportunita ai commercianti  di Paternò di pubblicizzare i loro prodotti e di incrementare le vendite,la rocca normanna, una manifestazione che a Paternò era un evento cult, il carnevale una volta vanto per tutta la Sicilia orientale, per passare alle cose di importanza più rilevante come la manutenzione delle strade che sembrano quelle di Kabul, l'assistenza negata agli anziani perchè non di "primaria importanza", la libertà di espressione negata da quattro politucoli di bassa lega,la dignità dei lavoratori onesti sfregiata e manomessa  da mezzucci poco chiari alla comunità onesta che vuole che questo offuscato panorama che si presenta ogni giorno agli occhi cambi veramente.
Intanto festeggiamo l'inizio dell'anno con Povia,sorridiamo sempre,illudiamoci che questo è bello e quello di cui avevamo bisogno,diamo spazio all'ebetismo ormai generalizzato abbocchiamoci a quest'esca che ci hanno teso,per immobilizzarci. O speriamo che il nuovo anno ci illumini e ci faccia capire che stiamo navigando in acque minacciose e cattive.