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giovedì 29 luglio 2010

La storia di Emanuele .Ovvero la vergogna della regione Lombardia.

La storia di Emanuele raccontatata dalla mamma Eleonora Crespi.


La storia del Piccolo Carabiniere
28 settembre 2000: nasce Emanuele
La storia di mio figlio inizia come quella di tutti i bambini. Nasce da un amore e cresce in una famiglia come tante: mamma, papà, una sorella più grande, i nonni, gli zii.
E’ un bambino come gli altri, un angioletto pieno di vita e di cose da fare. Va a scuola volentieri, a quattro anni comincia a suonare il pianoforte, studia l’inglese, fa karate, gioca a calcio. E’ appassionato di astronomia e legge i libri di Margherita Hack, che lui chiama “la signora delle stelle”.
Da grande vuol fare il carabiniere. L’ha deciso il giorno in cui ha visto il film su Salvo D’Acquisto, quello con Massimo Ranieri. Dice che un carabiniere deve parlare l’inglese per svolgere indagini internazionali e deve essere un campione di karate per combattere contro i nemici. Perciò studia e si impegna al massimo. Tutti i giorni vuole passare davanti al monumento di fronte alla caserma di Cologno Monzese intitolata a Salvo, a due passi da casa nostra. E ogni 23 settembre (anniversario dell’eroico sacrificio di D’Acquisto) e ogni 25 aprile gli porta un mazzo di fiori.
Primavera 2007
Emanuele ha 6 anni. Frequenta la prima elementare. A marzo cambia scuola. Nuovi insegnanti, nuovi compagni. Lui si trova subito bene, è felice.
Studia. Corre la Stramilano. Il 17 maggio farà il suo secondo concerto di pianoforte. Gioca. Legge. A maggio diventerà cintura arancione di karate.
10 aprile 2007: mattina
Mio figlio ha mal di pancia. Viene il dottore e ci consiglia di andare al pronto soccorso.
Ospedale San Raffaele. Pronto soccorso. Attesa. Visita. Attesa. Esame. Attesa. Altro esame. Passano così otto ore.
Emanuele ha paura, è tutto nuovo per lui, non ha mai visto un dottore finora. Si sforza di restare tranquillo, vuol fare l’ometto. Solo lo sguardo impaurito tradisce la sua ansia. Lo tranquillizzo. Si fida di me, purtroppo, sono la sua mamma! Vuol fare il bravo: otto ore di visite e controlli senza un capriccio e senza mai dire no.
Finalmente la diagnosi: appendicite. Bisogna operare. Subito.
Lo accompagniamo in sala operatoria, mio marito e io. Lui ci arriva sulle sue belle gambette sane e forti. Sale da solo sul lettino. E’ impaurito ma non versa una lacrima.
10 aprile 2007: tarda serata
Tutto è pronto. Gli do un bacio. L’ultimo.
Aspettiamo in pediatria. Il lettino è pronto da ore. Nessuno ci dice niente. Preoccupazione. Ansia. Panico!
Ma ecco quattro dottori in camice. Chi sono?
“Signora, abbiamo avuto un problema: 15 minuti senza ossigeno al cervello!”
Cosa? Che vuol dire? Aspettate! Se ne vanno.
Noi non capiamo. Cos’è successo? Un problema! Che problema? Ossigeno? Cervello? CHE VUOL DIRE? Nessuno ci spiega niente. Incubo! Il pensiero si ghiaccia. Poi esplode.
Terapia intensiva.....
Emanuele il 10 aprile del 2007 entrò all'ospedale San Raffaele di Milano per una semplice operazione di appendicite, ma durante la preanestesia, è in corso il procedimento penale per verificare le responsabilita' che sono state individuate a carico dei 4 anestesisti che sono intervenuti su emanuele , è rimasto in anossia per 15 minuti o più, successivamente è rimasto in terapia intensiva per 2 mesi e ha subito l'asportazione della tecafrontale perchè la pressione endocranica è aumentata a dismisura.Il 28 maggio 2007 è stato dimesso con la corteccia celebrale distrutta, il cervelloa macchia di leopardo, senza osso frontale e in stato di coma neurovegetativo ericoverato presso la clinica riabilitativa "La nostra famiglia" di BosisioParini (LC). Da allora viene nutrito artificialmente.Il 10 settembre è tornato al San Raffale di Milanp per rimettere la teca frontale è stato ricoverato presso la clinica di Bosisio.Emanuele ha subito in totale 5 operazioni. ATTUALMENTE E' A CASA DOVE HA BISOGNO DI ASSISTENZA 24 ORE SU 24

La salvezza di Emanuele


Emanuele ha bisogno di cure per poter ritornare
come era prima, un bambino sano. Nonostante riversi in uno stato di coma
neurovegetativo "irreversibile", noi genitori, con il sostegno di familiari e
amici ormai in tutto il mondo, non vogliamo arrenderci. Non smettiamo mai di
cercare in tutti i modi informazioni su una possibile riabilitazione più rapida,
cure d'avanguardia o anche un'eventuale ennesima operazione, in Italia o nel
mondo. Grazie alla diffusione della notizia e al vostro
contributo, questi sogni possono diventare realtà ed Emanuele potrà tornare a
sorridere.

ORA EMANUELE E' A CASA A COLOGNO MONZESE E HA BISOGNO DI ASSISTENZA 24 ORE SU 24

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mercoledì 28 luglio 2010

Fuori posto.


Adorno diceva che la forma piu' alta di moralita' e' non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria. Sono d'accordo. Non bisogna mai sentirsi troppo a proprio agio. Bisogna sempre essere un po' fuori posto.
(Gianrico Carofiglio: Le perfezioni provvisorie)

giovedì 22 luglio 2010

Un giorno al palazzo,di A.A.V.V. tratto dall'omonimo romanzo.

Era una giornata caratterizzata da nuvoloni,proprio come il mio animo combattuto,io che ero sempre a debita distanza dagli uffici comunali anche per procurarmi dei documenti, dove tra la gente che ogni giorno lavora onestamente si annidano i parassiti della società,seduta tra i banchi dell'aula consigliare aspettavo io e le altre mie colleghe licenziate,un responso da parte del sindaco e assessori competenti sul perchè eravamo state licenziate nonostante l'impeccabile precisione e dedizione con la quale avevamo svolto la nostra attività lavorativa."Il fatto è signor sindaco,che al nostro posto sono state assunte le supplenti chi ci sostituiva durante i giorni di malattia!!!!!",ribatteva Lucia una delle mie colleghe,io mi affiancai alla sua plateale indignazione ed esposi anche la mia testimonianza sull'accaduto,volevamo giustizia sopratutto perchè da quel poco che eravamo venute a sapere sul nuovo personale, avevamo anche scoperto che erano senza un titolo idoneo, compreso il soggetto a cui mi riferì durante la mia esposizione dei fatti ,sicura di dover ricevere una degna risposta dal mio interlocutore, se non altro anche avvocato,"anche io ho potuto constatare come al mio posto sia stata assunta chi mi sostituiva durante il periodo gestazionale,alchè signor sindaco la vedo una cosa ingiusta";dopo il lungo silenzio nell'ascoltare le nostre testimonianze,il sindaco si alzo in piedi e mi disse:"quindi lei afferma che è stata in gravidanza... e si sia assentata dal suo posto di lavoro parecchi mesi...,quindi la collega che l'ha sostituita ha acquisito la priorità sull'occupare il suo posto di lavoro!!!".
In quel preciso istante mi alzai in piedi e lasciai l'aula per non scendere a bassezze che avrebbero potuto intaccare la mia persona come soggetto civile appartenente alla società e mi ripromisi di affrontare una lotta contro il barbaro abuso di potere inflitto a me e alle mie compagne di lavoro.

mercoledì 21 luglio 2010

Il vero "castello" di Kafka si trova a Paternò,Attenzione!!!!! Niente a che vedere "c'à turri".


 Da:"Il Castello",di Franz kafka.
«Chi oserebbe cacciarla via, signor agrimensore?», disse il sindaco. «Proprio l'oscurità delle questioni preliminari le garantisce il trattamento più cortese, ma lei dà l'impressione di essere troppo suscettibile. Nessuno la trattiene, ma questo non significa che la si cacci via».
«Oh, signor sindaco», disse K., «adesso è lei che vede le cose troppo chiare. Le voglio enumerare alcune delle ragioni che mi trattengono qui: il sacrificio che ho fatto nell'allontanarmi da casa, il viaggio lungo e faticoso, le speranze che ho nutrito a proposito della mia assunzione qui, la mia totale mancanza di risorse, l'impossibilità di ritrovare al mio paese un lavoro equivalente, e infine, ragione che non è la meno importante, la mia fidanzata, che è di qui».
«Ah, Frieda», disse il sindaco senza la minima sorpresa. «Lo so. Ma Frieda la seguirebbe ovunque. Quanto al resto, le concedo che bisogna ancora ponderare le cose, e io ne informerò il castello. Se si venisse a una decisione o ci fosse bisogno di interrogarla ancora una volta, la manderò a chiamare. È d'accordo?».
«Niente affatto», disse K., «non voglio favori dal castello, voglio ciò a cui ho diritto».

Un pensiero per Paolo....


Si, mi dispiace ma non c'è l'ho fatta più a stare a pensare quello che dovevo scrivere sul blog,specialmente dopo le notizie che imperversano sui giornali in questo periodo su Catania e dintorni,avevo pensato:"adesso non scriverò più sul blog", tanto ciò che scrivo per molti sarà il nulla,anche se per me sarà stato uno sfogo, un grido,per altri beh avrebbero tirato un sospiro di sollievo perchè magari sono troppo di parte o troppo prevedibile.
I miei pensieri si sono fermati ad un certo punto, ad una questione, sempre la stessa, e non mi piace essere ripetitiva,ma quando il primo di Luglio, giorno dell'udienza dove io lotto per portare a galla la verita sul mio ingiusto licenziamento,giornata alquanto particolare caratterizzata dallo sciopero dei magistrati,vedo arrivare i testimoni dell'imputato.........è qui, in questo momento! Che i miei pensieri si fermano .....si fermano a pensare, a riflettere sull'assurda questione,adesso capisco molte cose ....come è stato tradito Paolo Borsellino e perchè, dove sono andate a finire le agende rosse,chi sono i detentori della giustizia e della nostra libertà,chi ci governa, chi ci da l'esempio di come dovrebbe comportarsi un cittadino modello ,ad esempio... il primo cittadino si chiama così  perchè si presume che dall'alto della sua carica amministrativa sia da esempio alla comunità, come detentore di mezzi che mirano a difendere la legalità, le fascie più deboli e la giustizia sociale, intesa come assicurazione per i cittadini di non essere indifesi e soli davanti alle intimidazioni da parte di alcuno che miri a mettere in repentaglio la libertà di pensiero,di espressione o cose simili..,ma queste sono cose di altri tempi ,adesso la protezione magari la si vuole dedicare a chi sta più zitto e si accontenta ,zitti tutti a nascondere quanto più marciume possibile,ma attenti la giustizia sia che si tratti quella divina che di quella  terrena arriva in ritardo ma arriva.

venerdì 2 luglio 2010

Il re stolto e le botti di neve

C’era una volta giù all’Equatore
un’isola bella, baciata dal sole,
dove regnava un Re dittatore,
che tutti teneva sotto le suole.

Giunse notizia un giorno al sovrano
d’una sostanza a lui sconosciuta:
“Cade dal cielo così, piano piano!
È soffice e morbida come la juta!

Puoi farci le palle, tirarle al nemico,
e averne una scorta come si deve.
Qui non si vede, ma dice un amico
ch’esiste davvero! La chiamano neve!”.

Un urlo di gioia riempì il circondario
e il Re tropicale chiamò l’Assistente:
“Mandami il servo più temerario,
che corra veloce, immantinente!”.

“Portami presto - gli ordinò il Re
“quella poltiglia che chiamano neve!”.
Il Servo partì, correndo per tre,
lungo la via, ad occhio, più breve.

Viaggiò senza soste di giorno e di notte,
scalando montagne coperte di bianco,
riempì con la neve tutta una botte
e fece ritorno, felice ma stanco.

Lo ricevette ansioso il sovrano,
di colpo balzando dall’ottomana;
schiuse la botte, protese la mano
ma era ricolma di acqua piovana.

Il Servo infedele fu tosto sbattuto
dentro la cella più fredda che c’è.
Il Re tropicale che s’era avveduto
decise a quel punto di fare da sé.

Tutta la corte partì in pompa magna
come in un viaggio di quelli ufficiali.
Un breve passaggio dal re di Bretagna
e poi sempre dritto, fino agli Urali.

Di neve ce n’era, soffice e smorta,
e il Re tropicale fu molto contento.
Per esser sicuro d’averne una scorta.
di botti ricolme ne prese duecento.

All’isola bella poi volle tornare,
pieno di neve e tanta emozione,
ma vide il Sovrano, nello sbarcare,
che i Servi facevan la rivoluzione!

Avevan buttato cappi e catene
e s’eran ripresi gli averi del Re.
Lui lo isolarono, chiuso per bene,
dentro la cella più fredda che c’è.

Morì senza neve il povero stolto,
dopo una cernita futile e vana.
Trono e corona perse in un colpo
in cambio di botti d’acqua piovana.