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lunedì 11 gennaio 2010

Un pensiero rivolse anche il Leopardi a Paternò?



O patria mia, vedo le mura e gli archi e le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran Carchi
I nostri Padri antichi. O fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oime quante ferite,
Lividor Che, sangue Che! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse un racconto? E questo è peggio,
Che di catene ha carche AMBE le braccia;
Si che Sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e Sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, Che hai ben donde, mia Paternò,
Vincer Le Genti UNO nata
E sorte Nella fausta e Nella ria.
SE fosser gli occhi tuoi Fonti dovute vive,
Potrebbe non mai il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo Scorno;
Che fosti donna, o sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, o non Quella è?
Perchè, perchè? Dov'è la forza antica,
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
O qual tanta possanza
Valse uno spogliarti il manto e l'auree bende?
Vieni cadesti o Quando
Da Tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Tuoi Nessun de '? L'armi, qua l'armi: io solo
Combatterò, procomberò io sol.
Dammi, o ciel, CHE SIA Foco
Agl'italici Petti Il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi:
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar DI SPADE
Vieni Tra Nebbia Lampi.
Nè ti Conforti? E i tremebondi lumi
Piegar non Soffri al dubitoso evento?
Una pugna Che uno Campi Quei
La paternese Gioventude? O numi, o numi:
Pugnan per altra terra itali Acciari.
Oh misero colui Che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e I Figli cari,
Ma da nemici Altrui
Per altra gente, e non dir PUÒ morendo:
Natia Alma Terra,
La vita che mi destinazione ecco ti rendo.
Oh e venturose Benedette cura e
L'antiche età, Che a morte
Per la patria correan le genti a squadre;
E voi sempre onorate e gloriose,
Strette O tessaliche,
Dove la Persia e il fato assai uomini Forte
Fu di poch'alme franche e generose!
Io credo CHE E i sassi e l'onda LE PIANTE
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin sponda Quella tutta siccome
Coprìr le invitte Schiere
De 'corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso AMBE le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglieasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Lance Ch'offriste il petto alle Nemiche
Per amor di costei ch'al Sol vi Diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira.
Perigli Nell'armi E NE '
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Vieni sì lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde Ridenti
Correste al passo lacrimoso e duro?
Parea ch'a danza e non andasse a morte
Vostri Ciascun de ', o uno splendido convito:
Ma v'attendea Lo Scuro
Tartaro, e l'onda morta;
Né le spose vi foro o I figli Accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza de 'Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Vieni Leone di tori entro una mandra
O salta uno Quello nel tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
O questo fianco addenta O Quella Coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira de 'Greci Petti e la virtute.
Cavalieri e Cavalli Supini Ve ';
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
Primieri fra Correr E '
Pallido e scapigliato Esso tiranno;
Tinti e Infusi venire Ve '
Del Barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle Piaghe,
Sopra L'ONU Cade l'altro. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si Favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
SPENTE nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il Vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua Mostrando
Verran le madri ai parvoli Le Belle
Orme del Vostro sangue. Ecco io mi prostro,

O benedetti, al suolo,
E bacio QUESTI sassi e zolle queste,
Che fien lodate e Chiare eternamente
Dall'uno polo all'altro.
Deh foss'io pur con molle e voi qui sotto,
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è Diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i moribondi lumi
Prostrato Chiuda in guerra,
Così la vereconda
Fama del Vostro vate appo i futuri
Possa, Volendo i Numi,
Tanto durar Quanto la vostra duri.
(Giacomo Leopardi)

2 commenti:

Dino ha detto...

Ciao Charmel, ti lascio un saluto
e una felice notte
ciaoi

DIANA. BRUNA ha detto...

Ciao, molto interessante il tuo blog. Condivido le tue idee. Bruna