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martedì 25 ottobre 2011

Una triste riflessione sul mondo dei bambini disabili e la loro integrazione all'interno della "sqcuola"

Il titolo di questo post potrebbe forse riportarci al divertente e geniale film della indimenticata Lina Wertmuller,ma non si basa la nostra riflessione ne su una fiction ne su un film,ma sulla triste e cinica realtà che avvolge il mondo dei disabili.
Ho deciso di raccontare in maniera ironica e anche direi surreale l'inizio dell'anno scolastico, dopo oramai sei anni di riposo forzato avevo rimosso dai miei pensieri i dietro le quinte che ci sono nelle parti assegnate dai registi,ossia chi dirige i servizi agli attori (dipendenti)a discapito dell'utente.
Si inizia con la riunione programmatica per l'avvio del lavoro,dove tutti i reclutati che dovranno affiancare il bambino disabile aspettano quale sarà il loro fardello, perchè fardello? Perchè tutti sperano di andare nell'istituto dove si lavora meno, cioè con il bambino più autosufficiente possibile,che non scappa,non sbava,sappia mangiare da solo,che non abbia crisi,che non ti sganci un pugno mentre magari lo guidi a fare un'attività,ma magari!!!!!Direbbe  il povero bambino che sfortunatamente viene assegnato ad una che a limite avrebbe potuto lavorare nell'ambito dei call-center.
L'argomento principale dunque rimane per tutta la durata dell'incontro questo,ma da contorno fa anche una specie di "mercato delle vacche" dove l'ultimo dei  pensieri di chi dovrà coprire il servizio è se magari riuscirà a lenire  le sofferenze del bambino in questione.
Attenzione però che il mercato si estende nella scuola anche per i cosidetti bambini normodotati,una merceficazione che lede i diritti dei bambini meno fortunati,essendoci dei cattivi maestri che si organizzano le classi prendendo informazioni sulla provenieza e la posizione economico-sociale dei bambini che dovranno comporre la loro classe.Forse sarò un pò come Don Chisciotte ma sempre meglio di essere come Don Abbondio.
Anzitutto mi preme dire, non è il rancore, o il desiderio di rivalsa, a farmi scrivere queste cose, ma ragioni di coerenza, onestà e dignità.

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